L’anemia è una condizione clinica associata ad una riduzione del numero totale di globuli rossi o concentrazione di emoglobina nel sangue.
La funzione principale dei globuli rossi (eritrociti) è quella di trasportare ossigeno dai polmoni ai tessuti dell’organismo scambiandolo con biossido di carbonio, che successivamente viene trasportano ai polmoni per essere escreto. Gli eritrociti rappresentano gli unici elementi dell’organismo deputati a questa funzione ed hanno una durata di vita di circa 120 giorni. La loro forma, a disco biconcavo, è necessaria per aumentare la superficie di scambio gassosa. I globuli rossi sono privi di nucleo ed il loro citoplasma (eritrocita maturo) contiene il 98% di emoglobina, il resto è costituito da enzimi necessari al metabolismo anaerobico.
I sintomi dell’anemia, come il pallore, la debolezza e l’estremo affaticamento, sono indice di mancanza di apporto di ossigeno ai tessuti.
L’anemia si manifesta con una riduzione del numero totale dei globuli rossi o della componente corpuscolata del sangue (ematocrito) o ancora con la riduzione della concentrazione di emoglobina. Si tratta di una condizione ciclica che può dipendere essenzialmente da:
Le anemie di interesse nutrizionale sono quelle legate alla carenza di alcune vitamine e minerali (es. vit.B12, acido folico), sono per lo più benigne ed il trattamento eziologico, volto alla correzione della situazione carenziale, è generalmente in grado di risolverle. La maggior parte di queste iniziano come anemie normocitiche e poi provocano microcitosi (riduzione del volume delle emazie) o macrocitosi (aumento del volume delle emazie).
Le anemie microcitiche, sono un gruppo di anemie in cui il volume delle emazie è inferiore alla norma (80 micron3). In questo gruppo rientrano l’anemia da carenza di ferro e quella molto rara da carenza di rame.
Il ferro è il più abbondante tra i metalli presenti nel nostro organismo ed interviene in numerose reazioni biochimiche di ossido-riduzione. Il ferro fa parte della molecola di emoglobina, lega l’ossigeno in modo reversibile ed è indispensabile per la produzione dei globuli rossi. In condizioni normali, il metabolismo del ferro è in una condizione di equilibrio e la quantità di ferro contenuto nella dieta eccede notevolmente il fabbisogno fisiologico, pertanto nella maggior parte dei casi l’anemia è imputabile a problemi di assorbimento. L’anemia da carenza di ferro è detta sideropenica. Il ferro in forma eme è assimilato meglio di quello in forma non-eme. Il ferro eme costituisce circa il 40% del ferro dei soli cibi di origine animale (es. contenuto in carne e pesce). La maggior parte del ferro alimentare (circa 60%) è tuttavia ferro non-eme (Lombardi-Boccia et al., 2004), che si trova nel cibo in forma ossidata o ferrica (Fe+++) e il cui assorbimento ne richiede la riduzione a ferro ferroso (Fe++). Gli anioni che legano il ferro, tipo EDTA, tannini, carbonati, ossalati, fosfati e farmaci antiacidi ne ostacolano l’assorbimento. Per questo motivo in caso di carenza di ferro alimenti come tè, caffè e crusca di frumento andrebbero limitati. Viceversa le sostanze acide (ascorbico, citrico, amminoacidi, carboidrati) ne facilitano l’assorbimento. Per questo agrumi e verdure a foglia verde sono particolarmente indicate. Nello stesso pasto, bisognerebbe poi evitare di introdurre alimenti che contengono elevate quantità di calcio, fosforo e ferro, poiché questi ioni entrano in competizione fra loro per l’assorbimento a livello intestinale.
Il ferro viene assorbito nel duodeno e nella porzione prossimale del digiuno. Quando le richieste di ferro aumentano per esaurimento dei depositi (rapido accrescimento, gravidanza, emorragie mestruali o patologiche), l’assorbimento del ferro a livello della mucosa intestinale può aumentare dal 10% fino al 30-40 %. Viceversa quando i depositi di ferro sono eccedenti, l’assorbimento intestinale si riduce notevolmente. Il ferro viene assorbito legato alla transferrina, quello che si trova al di fuori delle cellule che producono emoglobina viene, invece, immagazzinato sotto forma di ferritina.
L’anemia da carenza di ferro (sideropenica) può dipendere da varie cause:
Come indicato nelle tabelle di composizione degli alimenti dell’INRAN (Carnovale e Marletta, 2000), gli alimenti naturalmente più ricchi di ferro sono frattaglie, legumi secchi, carni, prodotti ittici, frutta secca ed oleosa, cereali, uova e verdure a foglia verde.
Anemia da carenza di rame è molto rara in quanto il rame è largamente presente negli alimenti ed il suo quadro è molto simile a quello da carenza di ferro. Ciò avviene perché il rame è un componente della ceruloplasmina, proteina necessaria per mobilizzare il ferro dai depositi e consentirne l’utilizzazione. Quantità particolarmente rilevanti sono presenti in fegato e prodotti ittici oltre che in carni, uova, latte e formaggi. Discrete quantità sono contenute anche in frutta secca a guscio, cereali integrali , legumi, funghi e cacao in polvere.
L’anemia macrocitica o megaloblastica è dovuta ad un’alterata sintesi del DNA, necessaria per la replicazione cellulare, e dà origine a globuli rossi immaturi e più grandi nel normale. La divisione delle emazie (e quindi la produzione di nuove cellule) è rallentata, mentre lo sviluppo citoplasmatico progredisce normalmente. Per tale motivo, nel rapido turnover dei globuli rossi, le cellule tendono ad essere magaloblastiche, cioè più grandi del normale e immature. Le cause più frequenti di questo tipo di anemia sono la carenza di vitamina B12 e folati, ma anche l’utilizzo di alcuni farmaci o la mielodisplasia.
La vitamina B12 (Cobalamina) in natura non vine sintetizzata né da piante né da animali ma solo da alcuni microrganismi, soprattutto batteri, e in piccole quantità da alghe. Gli erbivori ricavano la vitamina B12 dai batteri che fanno parte del loro apparato gastrointestinale o dal mangime addizionato. La sintesi batterica di vitamina B12 nell’uomo non è invece sufficiente a garantire il soddisfacimento dei fabbisogni per l’organismo, pertanto deve essere necessariamente assunta con la dieta. I soggetti che seguono diete vegetariane che limitano o escludono anche cibi animali indiretti, possono sviluppare deficit di questa vitamina, che può portare nel tempo anche danni neurologici gravi. I depositi di vitamina B12 sono quantificabili in 2 mg al livello epatico ed altri 2 mg in altri organi. Poiché il fabbisogno giornaliero è di 2,5 microgrammi, la carenza di vitamina B12 può manifestarsi anche dopo un intervallo di tempo che va dai 3 ai 6 anni, dopo che ne sia cessato l’assorbimento.
La vitamina B12 presente negli alimenti è sempre legata a proteine; nello stomaco le proteine vengono digerite dalla pepsina e la vitamina B12 viene legata alla cobalofillina (proteina R), proteina secreta dalla saliva. Nel duodeno la cobalamina viene staccata dalla cobalofillina e si combina con il Fattore Intrinseco, una glicoproteina prodotta dalle cellule parietali gastriche. Il complesso B12-Fattore Intrinseco viene poi riconosciuto da uno specifico recettore situato sugli enterociti dell’ileo e trasportato per endocitosi all’interno delle cellule. La vescicola formatasi raggiunge il polo opposto dell’enterocita e viene liberata nel sangue, legata a proteine di trasporto (transcobalamine) che la veicolano ai vari tessuti. In presenza di deficit di vitamina B12, anche i depositi tissutali di folati possono ridursi, nonostante i normali livelli plasmatici di questi ultimi.
I maggiori contenuti di vitamina B12 si trovano in carne e frattaglie, in particolare nel fegato (23-110 microgrammi/100g). Contenuti discreti sono poi presenti in molluschi, crostacei, tuorlo d’uovo e parmigiano. La biodisponibilità della vitamina B12 nelle alghe varia a seconda della specie, ma è estremamente bassa (Watanabe et al., 2002; Watanabe, 2007).
La causa più frequente di carenza di vitamina B12 non è comunque nutrizionale ma è dovuta ad anemia perniciosa, una malattia autoimmune associata ad atrofia delle cellule parietali gastriche, difetti della secrezione acida gastrica e assenza di Fattore Intrinseco. Anche resezioni o lesioni del tratto gastrointestinale possono interferire con l’assorbimento di questa vitamina (es. Terapia chirurgica dell’obesità morbo di Crohn), così come alcuni farmaci (es. inibitori di pompa ed antidiabetici orali). Altro fattore che riduce la biodisponibilità di vitamina B12 è l’età. Fino al 30% dei soggetti sopra i 50 anni ne sono potenzialmente a rischio.
L’acido folico è immagazzinato nell’organismo in piccole quantità, le scorte si esauriscono nell’arco di 2-4 mesi, per cui i sintomi da carenza si manifestano rapidamente. I depositi di folati, nelle diverse sedi, sono di circa 5-20 mg e il suo fabbisogno aumenta in alcune condizioni fisiologiche come in gravidanza. Proprio per questo e per prevenire difetti del tubo neurale nei nascituri, in gravidanza se ne consiglia il supplemento (400 microgrammi/die). La sua forma attiva è il tedraidrofolato (THF), trasportatore di unità monocarboniosa, che interviene nella sintesi di amminoacidi, purine e pirimidine, e di conseguenza nella sintesi dei globuli rossi, del DNA, delle proteine e delle strutture del sistema nervoso.
L’acido folico è abbondante nei vegetali a foglia verde, legumi e cereali integrali ma la sua fonte principale è rappresentata da verdura e frutta fresca poiché la cottura prolungata ne riduce la presenza. Di conseguenza la carenza di acido folico nel mondo occidentale colpisce generalmente persone malnutrite, che mangiano poca verdura e frutta fresca. Contenuti particolarmente elevati di folati sono contenuti anche in fegatini di pollo e rene bovino (USDA, 2009). Altre fonti importanti sono il lievito di birra e i cereali da prima colazione (da 160 a 560 microgrammi/100) e i legumi freschi. Tra le verdure e gli ortaggi: spinaci, asparagi, erbette, broccoli, e carciofi. Tra la frutta, le più ricche sono le arance, i kiwi e le fragole (USDA, 2009). Nella dieta italiana, si stima che le principali fonti di assunzione di folati appartengono alle seguenti categorie alimentari: cereali e derivati (29%), verdura e ortaggi (27%), frutta (10%) (Larn, 2014).
Come abbiamo visto, perdita eccessiva di sangue, distruzione eccessiva dei globuli rossi dovute a forme anomale degli eritrociti (anemia falciforme), o a produzione inadeguata di globuli rossi, come risultato di carenze alimentari (carenze di ferro, vitamina B12 o acido folico), possono portare anche a condizioni gravi di anemia. I gruppi a maggiore rischio sono i bambini sotto i due anni, le ragazze durante la pubertà, le donne in gravidanza e gli anziani.
Riassumendo, nel trattamento dell’anemia, oltre che necessario l’utilizzo di integratori, per limitati periodi di tempo, dal punto di vista alimentare sono consigliate verdure a foglia verde che contengono, oltre a ferro ed acido folico, clorofilla, che assorbita dall’intestino fornisce gli elementi strutturali dell’emoglobina. Sono ricchi di ferro anche fagioli secchi, melassa, carne di manzo, di maiale, di cavallo, albicocche secche, uvetta e altra frutta essiccata, mandorle, mango e molluschi. Il fegato di vitello ed il lievito di birra sono anche spesso raccomandati in caso di anemia, perché ricchi non solo di ferro, ma anche di vitamine del gruppo B, comprese la vitamina B12 e l’acido folico. Alghe e cibi fermentati come salsa di soia, miso e tempeh, molto utilizzati nella cucina macrobiotica e vegetariana contengono invece solo piccole fonti di vitamina B12 e in forma non del tutto utilizzabile dal nostro organismo.
Come sempre si consiglia perciò una dieta varia ed equilibrata, anche su base vegetale, che, se ben strutturata, rappresenta lo strumento utile per prevenire nel tempo tutte le forme di anemia sopraindicate, oltre a concorrere al complessivo benessere psicofisico del nostro organismo.
La funzione principale dei globuli rossi (eritrociti) è quella di trasportare ossigeno dai polmoni ai tessuti dell’organismo scambiandolo con biossido di carbonio, che successivamente viene trasportano ai polmoni per essere escreto. Gli eritrociti rappresentano gli unici elementi dell’organismo deputati a questa funzione ed hanno una durata di vita di circa 120 giorni. La loro forma, a disco biconcavo, è necessaria per aumentare la superficie di scambio gassosa. I globuli rossi sono privi di nucleo ed il loro citoplasma (eritrocita maturo) contiene il 98% di emoglobina, il resto è costituito da enzimi necessari al metabolismo anaerobico.
I sintomi dell’anemia, come il pallore, la debolezza e l’estremo affaticamento, sono indice di mancanza di apporto di ossigeno ai tessuti.
L’anemia si manifesta con una riduzione del numero totale dei globuli rossi o della componente corpuscolata del sangue (ematocrito) o ancora con la riduzione della concentrazione di emoglobina. Si tratta di una condizione ciclica che può dipendere essenzialmente da:
- una ridotta produzione di eritrociti, conseguente ad una malattia ematologica primaria, ad una malattia sistemica, o a carenze nutrizionali;
- un aumento delle perdite (emorragia) o del turnover cellulare, con accelerata distruzione (emolisi).
Le anemie di interesse nutrizionale sono quelle legate alla carenza di alcune vitamine e minerali (es. vit.B12, acido folico), sono per lo più benigne ed il trattamento eziologico, volto alla correzione della situazione carenziale, è generalmente in grado di risolverle. La maggior parte di queste iniziano come anemie normocitiche e poi provocano microcitosi (riduzione del volume delle emazie) o macrocitosi (aumento del volume delle emazie).
Le anemie microcitiche, sono un gruppo di anemie in cui il volume delle emazie è inferiore alla norma (80 micron3). In questo gruppo rientrano l’anemia da carenza di ferro e quella molto rara da carenza di rame.
Il ferro è il più abbondante tra i metalli presenti nel nostro organismo ed interviene in numerose reazioni biochimiche di ossido-riduzione. Il ferro fa parte della molecola di emoglobina, lega l’ossigeno in modo reversibile ed è indispensabile per la produzione dei globuli rossi. In condizioni normali, il metabolismo del ferro è in una condizione di equilibrio e la quantità di ferro contenuto nella dieta eccede notevolmente il fabbisogno fisiologico, pertanto nella maggior parte dei casi l’anemia è imputabile a problemi di assorbimento. L’anemia da carenza di ferro è detta sideropenica. Il ferro in forma eme è assimilato meglio di quello in forma non-eme. Il ferro eme costituisce circa il 40% del ferro dei soli cibi di origine animale (es. contenuto in carne e pesce). La maggior parte del ferro alimentare (circa 60%) è tuttavia ferro non-eme (Lombardi-Boccia et al., 2004), che si trova nel cibo in forma ossidata o ferrica (Fe+++) e il cui assorbimento ne richiede la riduzione a ferro ferroso (Fe++). Gli anioni che legano il ferro, tipo EDTA, tannini, carbonati, ossalati, fosfati e farmaci antiacidi ne ostacolano l’assorbimento. Per questo motivo in caso di carenza di ferro alimenti come tè, caffè e crusca di frumento andrebbero limitati. Viceversa le sostanze acide (ascorbico, citrico, amminoacidi, carboidrati) ne facilitano l’assorbimento. Per questo agrumi e verdure a foglia verde sono particolarmente indicate. Nello stesso pasto, bisognerebbe poi evitare di introdurre alimenti che contengono elevate quantità di calcio, fosforo e ferro, poiché questi ioni entrano in competizione fra loro per l’assorbimento a livello intestinale.
Il ferro viene assorbito nel duodeno e nella porzione prossimale del digiuno. Quando le richieste di ferro aumentano per esaurimento dei depositi (rapido accrescimento, gravidanza, emorragie mestruali o patologiche), l’assorbimento del ferro a livello della mucosa intestinale può aumentare dal 10% fino al 30-40 %. Viceversa quando i depositi di ferro sono eccedenti, l’assorbimento intestinale si riduce notevolmente. Il ferro viene assorbito legato alla transferrina, quello che si trova al di fuori delle cellule che producono emoglobina viene, invece, immagazzinato sotto forma di ferritina.
L’anemia da carenza di ferro (sideropenica) può dipendere da varie cause:
- aumento del fabbisogno: come in gravidanza, allattamento, accrescimento;
- aumentate perdite fisiologiche: es. mestruazioni, gravidanza;
- aumentate perdite patologiche: es. gastrite, ulcera peptica, emorroidi;
- ridotta assunzione: bambini in accrescimento rapido o adulti che seguono diete non bilanciate (es. macrobiotiche, vegane o vegetariane);
- ridotto assorbimento: per alterazioni gastrointestinali (diarrea cronica, malattie dell’apparato digerente, chirurgia gastrica).
Come indicato nelle tabelle di composizione degli alimenti dell’INRAN (Carnovale e Marletta, 2000), gli alimenti naturalmente più ricchi di ferro sono frattaglie, legumi secchi, carni, prodotti ittici, frutta secca ed oleosa, cereali, uova e verdure a foglia verde.
Anemia da carenza di rame è molto rara in quanto il rame è largamente presente negli alimenti ed il suo quadro è molto simile a quello da carenza di ferro. Ciò avviene perché il rame è un componente della ceruloplasmina, proteina necessaria per mobilizzare il ferro dai depositi e consentirne l’utilizzazione. Quantità particolarmente rilevanti sono presenti in fegato e prodotti ittici oltre che in carni, uova, latte e formaggi. Discrete quantità sono contenute anche in frutta secca a guscio, cereali integrali , legumi, funghi e cacao in polvere.
L’anemia macrocitica o megaloblastica è dovuta ad un’alterata sintesi del DNA, necessaria per la replicazione cellulare, e dà origine a globuli rossi immaturi e più grandi nel normale. La divisione delle emazie (e quindi la produzione di nuove cellule) è rallentata, mentre lo sviluppo citoplasmatico progredisce normalmente. Per tale motivo, nel rapido turnover dei globuli rossi, le cellule tendono ad essere magaloblastiche, cioè più grandi del normale e immature. Le cause più frequenti di questo tipo di anemia sono la carenza di vitamina B12 e folati, ma anche l’utilizzo di alcuni farmaci o la mielodisplasia.
La vitamina B12 (Cobalamina) in natura non vine sintetizzata né da piante né da animali ma solo da alcuni microrganismi, soprattutto batteri, e in piccole quantità da alghe. Gli erbivori ricavano la vitamina B12 dai batteri che fanno parte del loro apparato gastrointestinale o dal mangime addizionato. La sintesi batterica di vitamina B12 nell’uomo non è invece sufficiente a garantire il soddisfacimento dei fabbisogni per l’organismo, pertanto deve essere necessariamente assunta con la dieta. I soggetti che seguono diete vegetariane che limitano o escludono anche cibi animali indiretti, possono sviluppare deficit di questa vitamina, che può portare nel tempo anche danni neurologici gravi. I depositi di vitamina B12 sono quantificabili in 2 mg al livello epatico ed altri 2 mg in altri organi. Poiché il fabbisogno giornaliero è di 2,5 microgrammi, la carenza di vitamina B12 può manifestarsi anche dopo un intervallo di tempo che va dai 3 ai 6 anni, dopo che ne sia cessato l’assorbimento.
La vitamina B12 presente negli alimenti è sempre legata a proteine; nello stomaco le proteine vengono digerite dalla pepsina e la vitamina B12 viene legata alla cobalofillina (proteina R), proteina secreta dalla saliva. Nel duodeno la cobalamina viene staccata dalla cobalofillina e si combina con il Fattore Intrinseco, una glicoproteina prodotta dalle cellule parietali gastriche. Il complesso B12-Fattore Intrinseco viene poi riconosciuto da uno specifico recettore situato sugli enterociti dell’ileo e trasportato per endocitosi all’interno delle cellule. La vescicola formatasi raggiunge il polo opposto dell’enterocita e viene liberata nel sangue, legata a proteine di trasporto (transcobalamine) che la veicolano ai vari tessuti. In presenza di deficit di vitamina B12, anche i depositi tissutali di folati possono ridursi, nonostante i normali livelli plasmatici di questi ultimi.
I maggiori contenuti di vitamina B12 si trovano in carne e frattaglie, in particolare nel fegato (23-110 microgrammi/100g). Contenuti discreti sono poi presenti in molluschi, crostacei, tuorlo d’uovo e parmigiano. La biodisponibilità della vitamina B12 nelle alghe varia a seconda della specie, ma è estremamente bassa (Watanabe et al., 2002; Watanabe, 2007).
La causa più frequente di carenza di vitamina B12 non è comunque nutrizionale ma è dovuta ad anemia perniciosa, una malattia autoimmune associata ad atrofia delle cellule parietali gastriche, difetti della secrezione acida gastrica e assenza di Fattore Intrinseco. Anche resezioni o lesioni del tratto gastrointestinale possono interferire con l’assorbimento di questa vitamina (es. Terapia chirurgica dell’obesità morbo di Crohn), così come alcuni farmaci (es. inibitori di pompa ed antidiabetici orali). Altro fattore che riduce la biodisponibilità di vitamina B12 è l’età. Fino al 30% dei soggetti sopra i 50 anni ne sono potenzialmente a rischio.
L’acido folico è immagazzinato nell’organismo in piccole quantità, le scorte si esauriscono nell’arco di 2-4 mesi, per cui i sintomi da carenza si manifestano rapidamente. I depositi di folati, nelle diverse sedi, sono di circa 5-20 mg e il suo fabbisogno aumenta in alcune condizioni fisiologiche come in gravidanza. Proprio per questo e per prevenire difetti del tubo neurale nei nascituri, in gravidanza se ne consiglia il supplemento (400 microgrammi/die). La sua forma attiva è il tedraidrofolato (THF), trasportatore di unità monocarboniosa, che interviene nella sintesi di amminoacidi, purine e pirimidine, e di conseguenza nella sintesi dei globuli rossi, del DNA, delle proteine e delle strutture del sistema nervoso.
L’acido folico è abbondante nei vegetali a foglia verde, legumi e cereali integrali ma la sua fonte principale è rappresentata da verdura e frutta fresca poiché la cottura prolungata ne riduce la presenza. Di conseguenza la carenza di acido folico nel mondo occidentale colpisce generalmente persone malnutrite, che mangiano poca verdura e frutta fresca. Contenuti particolarmente elevati di folati sono contenuti anche in fegatini di pollo e rene bovino (USDA, 2009). Altre fonti importanti sono il lievito di birra e i cereali da prima colazione (da 160 a 560 microgrammi/100) e i legumi freschi. Tra le verdure e gli ortaggi: spinaci, asparagi, erbette, broccoli, e carciofi. Tra la frutta, le più ricche sono le arance, i kiwi e le fragole (USDA, 2009). Nella dieta italiana, si stima che le principali fonti di assunzione di folati appartengono alle seguenti categorie alimentari: cereali e derivati (29%), verdura e ortaggi (27%), frutta (10%) (Larn, 2014).
Come abbiamo visto, perdita eccessiva di sangue, distruzione eccessiva dei globuli rossi dovute a forme anomale degli eritrociti (anemia falciforme), o a produzione inadeguata di globuli rossi, come risultato di carenze alimentari (carenze di ferro, vitamina B12 o acido folico), possono portare anche a condizioni gravi di anemia. I gruppi a maggiore rischio sono i bambini sotto i due anni, le ragazze durante la pubertà, le donne in gravidanza e gli anziani.
Riassumendo, nel trattamento dell’anemia, oltre che necessario l’utilizzo di integratori, per limitati periodi di tempo, dal punto di vista alimentare sono consigliate verdure a foglia verde che contengono, oltre a ferro ed acido folico, clorofilla, che assorbita dall’intestino fornisce gli elementi strutturali dell’emoglobina. Sono ricchi di ferro anche fagioli secchi, melassa, carne di manzo, di maiale, di cavallo, albicocche secche, uvetta e altra frutta essiccata, mandorle, mango e molluschi. Il fegato di vitello ed il lievito di birra sono anche spesso raccomandati in caso di anemia, perché ricchi non solo di ferro, ma anche di vitamine del gruppo B, comprese la vitamina B12 e l’acido folico. Alghe e cibi fermentati come salsa di soia, miso e tempeh, molto utilizzati nella cucina macrobiotica e vegetariana contengono invece solo piccole fonti di vitamina B12 e in forma non del tutto utilizzabile dal nostro organismo.
Come sempre si consiglia perciò una dieta varia ed equilibrata, anche su base vegetale, che, se ben strutturata, rappresenta lo strumento utile per prevenire nel tempo tutte le forme di anemia sopraindicate, oltre a concorrere al complessivo benessere psicofisico del nostro organismo.