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La depressione è un disturbo psichico associato alla presenza di umore triste e irritabile che se non trattato in tempo può portare anche a modificazioni fisiche, fisiologiche o comportamentali gravi. Ha un'incidenza che si stima intorno al 10-15% nella popolazione adulta, con una maggiore frequenza nelle donne.
La depressione dal punto di vista neurobiologico è associata alla carenza di alcuni neurotrasmettitori (Serotonina, Dopamina e Norepinefrina), che hanno un ruolo determinante sul tono e l'umore.
I più comuni farmaci antidepressivi attualmente in uso, infatti, agiscono proprio sull'aumento della biodisponibilità di questi neurotrasmettitori. Alcuni inibendo la ricaptazione e quindi aumentando la presenza degli stessi, altri invece inibendo le monoamminossidasi ovvero gli enzimi che intervengono nella degradazione di queste molecole.
Recentemente è stata avanzata anche un'ipotesi infiammatoria (Krishandas and Cavanagh, 2012).
E' stato dimostrato, infatti, che le citochine pro-infiammatorie sono determinanti nella modulazione del tono dell'umore, attraverso tre diversi meccanismi:
E' stato osservato, infatti, che i pazienti in uno stadio depressivo avanzato presentano elevati livelli di citochine infiammatorie (proteina C reattiva, TNF alfa e interleuchina 6). E' stato visto inoltre che, patologie infiammatorie derivanti ad esempio da stress cronico, componenti socio-comportamentali alterate e trattamenti oncologici presentano un maggior rischio di sviluppare questo disturbo. Sembra infatti che, in questi casi, l'infiammazione agisca non solo come fattore "precipitante" nei soggetti predisposti ma anche come fattore che tende a "perpetuare" la depressione impedendone qualunque forma di recupero.
Molto spesso allora si instaura con il cibo un meccanismo compensatorio. Ad esempio, comunemente i pazienti depressi aumentano la loro preferenza per i carboidrati, in quanto questi sono correlati a meccanismi serotoninergici, con effetti migliorativi sul tono dell'umore. Solo apparentemente però, e a breve termine. Infatti l'assunzione incontrollata di carboidrati e soprattutto di zuccheri semplici, con ricorrenti "abbuffate", porta ad un peggioramento nel tempo e a lungo termine dello stato infiammatorio e dell'umore, oltre che a gravi conseguenze sulla salute in generale. E' evidente che il paziente depresso tende a fare scelte poco salutari e non controllate nei confronti del cibo (Kiecolt-Glaser, 2010).
E' il cibo stesso però che, associato a regolare attività fisica, può essere la soluzione in questi casi. Non a caso si parla di "effetto antidepressivo del cibo". Scegliere in modo consapevole cosa mangiare ed associare un regolare esercizio fisico diminuisce non solo la predisposizione alle principali patologie cardiovascolari, ma migliora anche l'umore.
Vediamo allora come il cibo può fungere da antidepressivo migliorando la biodisponibilità dei neurotrasmettitori , riducendo nel contempo l'infiammazione.
Alimenti come:
Seguiamo, quindi, l’antico principio “Mens sana in corpore sano”; è possibile, con una corretta educazione alimentare, mantenere il nostro benessere fisico e mentale.
La depressione dal punto di vista neurobiologico è associata alla carenza di alcuni neurotrasmettitori (Serotonina, Dopamina e Norepinefrina), che hanno un ruolo determinante sul tono e l'umore.
I più comuni farmaci antidepressivi attualmente in uso, infatti, agiscono proprio sull'aumento della biodisponibilità di questi neurotrasmettitori. Alcuni inibendo la ricaptazione e quindi aumentando la presenza degli stessi, altri invece inibendo le monoamminossidasi ovvero gli enzimi che intervengono nella degradazione di queste molecole.
Recentemente è stata avanzata anche un'ipotesi infiammatoria (Krishandas and Cavanagh, 2012).
E' stato dimostrato, infatti, che le citochine pro-infiammatorie sono determinanti nella modulazione del tono dell'umore, attraverso tre diversi meccanismi:
- agendo sui neurotrasmettitori,
- riducendo la neurogenesi,
- attivando un enzima specifico che depleta di serotonina il cervello "portandolo" così nel tempo ad un verso è proprio stato depressivo.
E' stato osservato, infatti, che i pazienti in uno stadio depressivo avanzato presentano elevati livelli di citochine infiammatorie (proteina C reattiva, TNF alfa e interleuchina 6). E' stato visto inoltre che, patologie infiammatorie derivanti ad esempio da stress cronico, componenti socio-comportamentali alterate e trattamenti oncologici presentano un maggior rischio di sviluppare questo disturbo. Sembra infatti che, in questi casi, l'infiammazione agisca non solo come fattore "precipitante" nei soggetti predisposti ma anche come fattore che tende a "perpetuare" la depressione impedendone qualunque forma di recupero.
Molto spesso allora si instaura con il cibo un meccanismo compensatorio. Ad esempio, comunemente i pazienti depressi aumentano la loro preferenza per i carboidrati, in quanto questi sono correlati a meccanismi serotoninergici, con effetti migliorativi sul tono dell'umore. Solo apparentemente però, e a breve termine. Infatti l'assunzione incontrollata di carboidrati e soprattutto di zuccheri semplici, con ricorrenti "abbuffate", porta ad un peggioramento nel tempo e a lungo termine dello stato infiammatorio e dell'umore, oltre che a gravi conseguenze sulla salute in generale. E' evidente che il paziente depresso tende a fare scelte poco salutari e non controllate nei confronti del cibo (Kiecolt-Glaser, 2010).
E' il cibo stesso però che, associato a regolare attività fisica, può essere la soluzione in questi casi. Non a caso si parla di "effetto antidepressivo del cibo". Scegliere in modo consapevole cosa mangiare ed associare un regolare esercizio fisico diminuisce non solo la predisposizione alle principali patologie cardiovascolari, ma migliora anche l'umore.
Vediamo allora come il cibo può fungere da antidepressivo migliorando la biodisponibilità dei neurotrasmettitori , riducendo nel contempo l'infiammazione.
Alimenti come:
- Latte, formaggi magri, uova, agnello e sardine sono ricchi di triptofano, precursore della serotonina.
- Avena, grano saraceno, avocado, cozze, aragosta e gamberoni sono ricchi di vit B6, utile anche questa per la sintesi di serotonina.
- Legumi e verdure a foglia verde sono ricche di acido folico che favorisce la sintesi di dopamina.
- Alimenti ricchi di acidi grassi polinsaturi come pesce azzurro, semi e frutta secca proteggono i neuroni dal danno ossidativo, riducendo i livelli di citochine pro-infiammatorie.
- Antiossidanti presenti in frutta e verdura ed in particolare l'epigallocatechina-3- gallato, presente nel tè verde, è stato ampiamente dimostrato essere in grado di ridurre lo stress ossidativo, l'infiammazione e favorire i fattori di crescita neuronali. Alcuni studi hanno dimostrato anche la capacità dell'epigallocatechina-3-gallato di migliorare le funzioni cognitive legate all'attenzione e alla memoria anche in età avanzata.
- La curcumina, infine, presente nella curcuma (spezia di colore giallo simile allo zafferano - di cui abbiamo parlato in un precedente articolo), oltre a possedere proprietà anti-infiammatorie ed anti-ossidanti, può alleviare i sintomi della depressione aumentando la neurogenesi nell'ippocampo e nella corteccia frontale del cervello. E' stato dimostrato che la curcumina migliora quindi la funzionalità neuronale ma previene anche dalla degradazione neuronale. Essendo una molecola lipofila è altamente biodisponibile perché in grado di attraversare la barriera ematoencefalica e assolvere la sua funzione neuroprotettiva.
Seguiamo, quindi, l’antico principio “Mens sana in corpore sano”; è possibile, con una corretta educazione alimentare, mantenere il nostro benessere fisico e mentale.