Le preferenze alimentari nella primissima infanzia, si caratterizzano per la predominante influenza di fattori biologici, genetici e costituzionali nonché da variabili individuali. Ciò porta il bambino ad avere un orientamento preferenziale al gusto dolce, in opposizione all'amaro e al salato, garantendo attraverso questa scelta innata un adeguato intake nutrizionale attraverso l'assunzione del latte materno.
Nei primi quattro anni di vita, si sviluppano i quattro gusti fondamentali: dolce, amaro e salato. Attraverso una serie di segnali, sono attivati gli organi di senso che agiscono secondo una precisa sequenza funzionale; traduzione (ricezione del segnale dal mondo esterno), trasmissione (trasferimento dell'informazione al cervello) ed integrazione (identificazione ed immagazzinamento dello stimolo e segnale esterno).
Accanto a questi fattori endogeni però, come sempre, svolge un ruolo di primaria importanza il rapporto madre-bambino che si costituisce attraverso l'allattamento nei primi mesi, sia al seno che artificiale, e con lo svezzamento nei successivi.
L'allattamento e la nutrizione del bambino nei primi mesi di vita, infatti, rappresenta non solo una necessità alimentare nella sua più stretta accezione ma un più ampio e complesso momento di incontro e scambio tra madre e bambino.
L'alimentazione in età pediatrica e, soprattutto nel primo anno di vita, risulta essere strettamente correlato al futuro stato di salute dell'adulto.
Un periodo critico è rappresentato dallo svezzamento, momento in cui avviene il passaggio all'alimentazione semisolida e successivamente solida. Costituisce una vera e propria tappa di sviluppo e di crescita per il bambino ma anche di criticità per i genitori che si trovano spesso un po' disorientati a far fronte ai primi rifiuti.
La complessità di questo processo dipende da diversi aspettI; passaggio graduale a cibi e consistenze diverse rispetto al latte, accesso a gusti nuovi come l'amaro ed il salato, sviluppo della masticazione e della deglutizione, progressiva autonomizzazione della capacità di nutrirsi.
Terminato il divezzamento, poi, sono le abitudini alimentari dei genitori che influenzano in maniera importante le scelte alimentari del bambino.
Secondo recenti studi, infatti, è proprio la famiglia che determina l'avversione o la preferenza del bambino per determinati cibi anche in età adulta. In particolare, si stima che circa l'85% delle mamme assume mai o raramente cibi non graditi ed il 68% di loro non propone mai, o raramente, ai propri figli cibi che essi non gradiscono.
Tali risultati dimostrano l'opportunità di fornire ai genitori supporti adeguati per la gestione dell'alimentazione del bambino.
È anzitutto con il proprio esempio che un genitore riuscirà a proporre al figlio un'alimentazione varia ed equilibrata, controllando la disponibilità e l'accessibilità del cibo a casa.
Nei primi quattro anni di vita, si sviluppano i quattro gusti fondamentali: dolce, amaro e salato. Attraverso una serie di segnali, sono attivati gli organi di senso che agiscono secondo una precisa sequenza funzionale; traduzione (ricezione del segnale dal mondo esterno), trasmissione (trasferimento dell'informazione al cervello) ed integrazione (identificazione ed immagazzinamento dello stimolo e segnale esterno).
Accanto a questi fattori endogeni però, come sempre, svolge un ruolo di primaria importanza il rapporto madre-bambino che si costituisce attraverso l'allattamento nei primi mesi, sia al seno che artificiale, e con lo svezzamento nei successivi.
L'allattamento e la nutrizione del bambino nei primi mesi di vita, infatti, rappresenta non solo una necessità alimentare nella sua più stretta accezione ma un più ampio e complesso momento di incontro e scambio tra madre e bambino.
L'alimentazione in età pediatrica e, soprattutto nel primo anno di vita, risulta essere strettamente correlato al futuro stato di salute dell'adulto.
Un periodo critico è rappresentato dallo svezzamento, momento in cui avviene il passaggio all'alimentazione semisolida e successivamente solida. Costituisce una vera e propria tappa di sviluppo e di crescita per il bambino ma anche di criticità per i genitori che si trovano spesso un po' disorientati a far fronte ai primi rifiuti.
La complessità di questo processo dipende da diversi aspettI; passaggio graduale a cibi e consistenze diverse rispetto al latte, accesso a gusti nuovi come l'amaro ed il salato, sviluppo della masticazione e della deglutizione, progressiva autonomizzazione della capacità di nutrirsi.
Terminato il divezzamento, poi, sono le abitudini alimentari dei genitori che influenzano in maniera importante le scelte alimentari del bambino.
Secondo recenti studi, infatti, è proprio la famiglia che determina l'avversione o la preferenza del bambino per determinati cibi anche in età adulta. In particolare, si stima che circa l'85% delle mamme assume mai o raramente cibi non graditi ed il 68% di loro non propone mai, o raramente, ai propri figli cibi che essi non gradiscono.
Tali risultati dimostrano l'opportunità di fornire ai genitori supporti adeguati per la gestione dell'alimentazione del bambino.
È anzitutto con il proprio esempio che un genitore riuscirà a proporre al figlio un'alimentazione varia ed equilibrata, controllando la disponibilità e l'accessibilità del cibo a casa.