Con il termine malattie cardiovascolari si intendono diverse situazioni cliniche che hanno in comune come unica causa, un'alterazione della parete arteriosa.
L'arteriosclerosi descrive l'ispessimento, l'indurimento e la perdita di elasticità della parete vasale delle arterie. L'aterosclerosi è un tipo particolare di arteriosclerosi che colpisce le grandi e medie arterie. Quest'ultima caratterizzata dalla formazione di placche fibroadipose che si formano nell'intima arteriosa (ateromi) soprattutto nell'aorta, nella arterie coronarie e nelle arterie cerebrali e che possono produrre una stenosi del lume vascolare. Nella pratica i due termini vengono utilizzati indistintamente.
La formazione della placca ateromasica, che interessa le pareti dei vasi arteriosi e che rappresenta la lesione caratteristica di questa malattia, inizia con l'ingresso di lipidi, soprattutto colesterolo LDL, nella tonaca interna (intima) dell'arteria. Questo tipo di alterazione, che si può osservare nei soggetti a rischio già durante l'infanzia, va incontro ad un lento processo che porta alla placca vera e propria. Nel tempo, l'accrescimento della placca determina la protusione del lume vasale, fatto che compromette l'irrorazione ad organi serviti da quell'arteria, oppure la trombosi/tromboembolizzazione della placca che si verifica a seguito della rottura del cappuccio fibroso che la riveste, e che porta ad una repentina ostruzione del vaso arterioso sede della placca ( o di vasi arteriosi più a valle nel caso di embolizzazione).
Le cause di tutto ciò possono essere genetiche ma soprattutto ambientali (legate cioè allo stile di vita). Per questo motivo, mettere in atto tutte le misure di prevenzione rappresenta lo strumento efficace per ridurne il rischio. Nel trattamento delle patologie cardiovascolari, l'intervento nutrizionale e la modificazione dello stile di vita o TLC (Therapeutic Lifestyle Chanching) sono considerati aspetti propriamente terapeutici. Se infatti alcuni fattori di rischio non sono modificabili in quanto legati al sesso, alla predisposizione genetica e alla familiarità, altri fattori così detti modificabili possono essere ridotti intervenendo preventivamente e a lungo termine con una corretta alimentazione, con un'attività fisica costante e con la completa eliminazione del fumo.
Studi epidemiologici condotti negli ultimi decenni sulla popolazione occidentale dimostrano che dal dopoguerra ad oggi, e già dopo i primi quindici anni, è aumentata in maniera esponenziale l'incidenza di complicanze cardiovascolari. Sovrappeso e adiposità addominale, così come altre alterazioni metaboliche (ipertensione, resistenza all'insulina, ipercolesterolemia e ipertrigliceridemia) sono infatti legati agli eccessi alimentari che caratterizzano l'epoca moderna. Al contrario con apporti calorici adeguati e associando il regolare consumo di certi alimenti, prevalentemente di origine vegetale, può essere ridotto il rischio cardiovascolare.
Molti studi confermano, infatti, che una dieta su base vegetale e caratterizzata da un consumo costante di acidi grassi polinsaturi (contenuti in abbondanza nella frutta secca, nei semi oleaginosi e nel pesce azzurro) a differenza di quelli saturi o trans (contenuti nelle carni, uova, formaggi e in tutti junk food) riduce il rischio di malattia coronarica. Diversi studi osservazionali e trials dietetici (Journal of Human Nutrition and Dietetics, Cardiology journal) sono concordi nel dire che l'ingestione di acidi grassi polinsaturi a dispetto di quelli saturi, produce una riduzione importante del colestrolo-LDL .
In particolare l'acido alfa-linolenico (omega-3), integrazione tra l'altro utilizzata nella terapia in prevenzione secondaria, ha una potenziale azione antitrombotica, antinfiammatoria e di miglioramento della funzione endoteliale (Kris-Etheterton, 2002).
Alimenti ricchi di folati e di antiossidanti come polifenoli, vitamina E e carotenoidi (presenti in abbondanza nella verdura verde e giallo-arancione, nella frutta, negli oli vegetali e nella frutta secca) così come il consumo di isoflavoni della soia, soprattutto in donne in post-menopausa, sembrerebbero avere poi un ruolo determinante sulla suscettibilità all'ossidazione delle lipoproteine LDL e sulla comparsa dell'ateroma.
Anche la fibra alimentare (Studio CARDIA-The Coronary Artery Risk Development in Young Adults) svolge un ruolo importante nella prevenzione delle patologie cardiovascolari. In particolare è stato visto che, l'ingestione di fibra, senza tener conto del tipo, è correlata inversamente con la pressione arteriosa, il peso, l'indice vita-fianchi, e le concentrazioni di trigliceridi, insulina e fibrinogeno.
Nel Nurse's Health Study al follow-up a 10 anni si è osservata una riduzione del 37% del rischio di malattia cardiovascolare per ogni incremento di 5 g al giorno di fibra alimentare. E' possibile però affermare che, mentre la fibra insolubile (contenuta nei cereali integrali) si dimostra utile ma non determinante nella riduzione del colesterolo LDL, la fibra solubile (contenuta ad esempio nei legumi) riduce significativamente le concentrazioni di colesterolo LDL del 5-10 % se introdotta regolarmente con la dieta. La fibra solubile, infatti, interrompe la circolazione enteroepatica e di conseguenza l'assorbimento dei lipidi e del colesterolo contenuto negli alimenti.
Alla luce di tutto questo e considerando il fatto che, ogni giorno, acquisisce sempre più rilevanza l'associazione tra modello di "dieta occidentale" e rischio di malattie cardiovascolari, l'adeguato consumo e la preferenza di alimenti di origine vegetale come frutta, verdura, cereali integrali, ma anche di frutta secca e di alcuni oli vegetali, è alla base del nuovo approccio dietetico proposto dalla letteratura scientifica e dalle recenti linee guida internazionali, sia come semplice fattore preventivo in caso di normopeso, sia come trattamento dietetico nella riduzione del peso corporeo.
L'arteriosclerosi descrive l'ispessimento, l'indurimento e la perdita di elasticità della parete vasale delle arterie. L'aterosclerosi è un tipo particolare di arteriosclerosi che colpisce le grandi e medie arterie. Quest'ultima caratterizzata dalla formazione di placche fibroadipose che si formano nell'intima arteriosa (ateromi) soprattutto nell'aorta, nella arterie coronarie e nelle arterie cerebrali e che possono produrre una stenosi del lume vascolare. Nella pratica i due termini vengono utilizzati indistintamente.
La formazione della placca ateromasica, che interessa le pareti dei vasi arteriosi e che rappresenta la lesione caratteristica di questa malattia, inizia con l'ingresso di lipidi, soprattutto colesterolo LDL, nella tonaca interna (intima) dell'arteria. Questo tipo di alterazione, che si può osservare nei soggetti a rischio già durante l'infanzia, va incontro ad un lento processo che porta alla placca vera e propria. Nel tempo, l'accrescimento della placca determina la protusione del lume vasale, fatto che compromette l'irrorazione ad organi serviti da quell'arteria, oppure la trombosi/tromboembolizzazione della placca che si verifica a seguito della rottura del cappuccio fibroso che la riveste, e che porta ad una repentina ostruzione del vaso arterioso sede della placca ( o di vasi arteriosi più a valle nel caso di embolizzazione).
Le cause di tutto ciò possono essere genetiche ma soprattutto ambientali (legate cioè allo stile di vita). Per questo motivo, mettere in atto tutte le misure di prevenzione rappresenta lo strumento efficace per ridurne il rischio. Nel trattamento delle patologie cardiovascolari, l'intervento nutrizionale e la modificazione dello stile di vita o TLC (Therapeutic Lifestyle Chanching) sono considerati aspetti propriamente terapeutici. Se infatti alcuni fattori di rischio non sono modificabili in quanto legati al sesso, alla predisposizione genetica e alla familiarità, altri fattori così detti modificabili possono essere ridotti intervenendo preventivamente e a lungo termine con una corretta alimentazione, con un'attività fisica costante e con la completa eliminazione del fumo.
Studi epidemiologici condotti negli ultimi decenni sulla popolazione occidentale dimostrano che dal dopoguerra ad oggi, e già dopo i primi quindici anni, è aumentata in maniera esponenziale l'incidenza di complicanze cardiovascolari. Sovrappeso e adiposità addominale, così come altre alterazioni metaboliche (ipertensione, resistenza all'insulina, ipercolesterolemia e ipertrigliceridemia) sono infatti legati agli eccessi alimentari che caratterizzano l'epoca moderna. Al contrario con apporti calorici adeguati e associando il regolare consumo di certi alimenti, prevalentemente di origine vegetale, può essere ridotto il rischio cardiovascolare.
Molti studi confermano, infatti, che una dieta su base vegetale e caratterizzata da un consumo costante di acidi grassi polinsaturi (contenuti in abbondanza nella frutta secca, nei semi oleaginosi e nel pesce azzurro) a differenza di quelli saturi o trans (contenuti nelle carni, uova, formaggi e in tutti junk food) riduce il rischio di malattia coronarica. Diversi studi osservazionali e trials dietetici (Journal of Human Nutrition and Dietetics, Cardiology journal) sono concordi nel dire che l'ingestione di acidi grassi polinsaturi a dispetto di quelli saturi, produce una riduzione importante del colestrolo-LDL .
In particolare l'acido alfa-linolenico (omega-3), integrazione tra l'altro utilizzata nella terapia in prevenzione secondaria, ha una potenziale azione antitrombotica, antinfiammatoria e di miglioramento della funzione endoteliale (Kris-Etheterton, 2002).
Alimenti ricchi di folati e di antiossidanti come polifenoli, vitamina E e carotenoidi (presenti in abbondanza nella verdura verde e giallo-arancione, nella frutta, negli oli vegetali e nella frutta secca) così come il consumo di isoflavoni della soia, soprattutto in donne in post-menopausa, sembrerebbero avere poi un ruolo determinante sulla suscettibilità all'ossidazione delle lipoproteine LDL e sulla comparsa dell'ateroma.
Anche la fibra alimentare (Studio CARDIA-The Coronary Artery Risk Development in Young Adults) svolge un ruolo importante nella prevenzione delle patologie cardiovascolari. In particolare è stato visto che, l'ingestione di fibra, senza tener conto del tipo, è correlata inversamente con la pressione arteriosa, il peso, l'indice vita-fianchi, e le concentrazioni di trigliceridi, insulina e fibrinogeno.
Nel Nurse's Health Study al follow-up a 10 anni si è osservata una riduzione del 37% del rischio di malattia cardiovascolare per ogni incremento di 5 g al giorno di fibra alimentare. E' possibile però affermare che, mentre la fibra insolubile (contenuta nei cereali integrali) si dimostra utile ma non determinante nella riduzione del colesterolo LDL, la fibra solubile (contenuta ad esempio nei legumi) riduce significativamente le concentrazioni di colesterolo LDL del 5-10 % se introdotta regolarmente con la dieta. La fibra solubile, infatti, interrompe la circolazione enteroepatica e di conseguenza l'assorbimento dei lipidi e del colesterolo contenuto negli alimenti.
Alla luce di tutto questo e considerando il fatto che, ogni giorno, acquisisce sempre più rilevanza l'associazione tra modello di "dieta occidentale" e rischio di malattie cardiovascolari, l'adeguato consumo e la preferenza di alimenti di origine vegetale come frutta, verdura, cereali integrali, ma anche di frutta secca e di alcuni oli vegetali, è alla base del nuovo approccio dietetico proposto dalla letteratura scientifica e dalle recenti linee guida internazionali, sia come semplice fattore preventivo in caso di normopeso, sia come trattamento dietetico nella riduzione del peso corporeo.