La steatosi epatica non alcolica (NAFLD Non-Alcoholic Fatty Disease) è una condizione patologica caratterizzata dall'accumulo di lipidi nel fegato.
Generalmente questa si manifesta in concomitanza di un'altra serie di patologie, quali insulino-resistenza, diabete di tipo 2, obesità o dislipidemie ed altri disordini metabolici. La severità della patologia può variare dalla semplice asintomatica steatosi, alla più grave forma di steatoepatite, la NASH (Non-Alcoholic SteatoHepatitis), che può evolvere in fibrosi o cirrosi epatica. Allo stato attuale si stima che circa il 10-35% della popolazione mondiale ne sia affetto. Nonostante l'aumentata prevalenza della patologia nei Paesi Occidentali osservata negli ultimi 10-15 anni, i meccanismi molecolari che controllano la sua progressione sono, però, purtroppo ancora largamente incompresi.
Come è noto la NAFLD è la conseguenza di un disequilibrio tra le diverse vie metaboliche coinvolte nella sintesi, nella degradazione e nella secrezione dei lipidi dal fegato.
Gli acidi grassi che si accumulano a livello epatico possono derivare dalla lipolisi dei trigliceridi del tessuto adiposo, dalla sintesi de novo, o direttamente dalla dieta. Una dieta ricca di fibre ed a basso contenuto di grassi saturi, associata ad può dì attività fisica rappresenta perciò il primo fattore di prevenzione. Un valido aiuto è fornito poi, dagli acidi grassi polinsaturi (PUFA) della serie omega-3 ed omega-6 presenti in numerosi fonti alimentari come pesce azzurro, semi e frutta oleosa. I PUFA infatti intervengono nel modulare la sintesi de novo degli acidi grassi nel fegato. In particolare è stato ampiamente dimostrato che gli omega-3 come l'acido eicosapentaenoico e decosaesaenoico, contenuti nell'olio di pesce, sono in grado di esercitare un ruolo benefico nella prevenzione delle dislipidemie e quindi nelle patologie legate all'accumulo di grassi.
Recentemente numerosi studi hanno messo in evidenzia l'efficacia, come aiuto nel trattamento della steatosi e della sindrome metabolica, anche dell'olio di krill. Si tratta di un olio ricco in omega-3 estratto da piccoli invertebrati marini appartenenti alla specie Euphasia superba che compongono lo zooplancton antartico, anello alla base della catena alimentare marina.
Alla base di tutto in ogni caso, come prevenzione primaria, c'è sempre un'alimentazione equilibrata ed un sano stile di vita. Una dieta base, che possa ridurre il peso del 5-10% se obesi, associata a tre/sei ore di sport a settimana aiuta a normalizzare le transaminasi.
I maggiori errori alimentari riguardano l'assunzione di bibite dolci, gasate ed alcoliche, molte carni rosse e cibi grassi.
Bisognerebbe, invece, seguire i principi della "dieta mediterranea" arricchendo la propria tavola di prodotti integrali ricchi in fibre, scegliere di ridurre i grassi saturi a favore dei mono e polinsaturi contenuti nell'olio extravergine di oliva, nel pesce azzurro, e nella frutta oleosa. Scegliere metodi di cottura semplici e poco elaborati.
Generalmente questa si manifesta in concomitanza di un'altra serie di patologie, quali insulino-resistenza, diabete di tipo 2, obesità o dislipidemie ed altri disordini metabolici. La severità della patologia può variare dalla semplice asintomatica steatosi, alla più grave forma di steatoepatite, la NASH (Non-Alcoholic SteatoHepatitis), che può evolvere in fibrosi o cirrosi epatica. Allo stato attuale si stima che circa il 10-35% della popolazione mondiale ne sia affetto. Nonostante l'aumentata prevalenza della patologia nei Paesi Occidentali osservata negli ultimi 10-15 anni, i meccanismi molecolari che controllano la sua progressione sono, però, purtroppo ancora largamente incompresi.
Come è noto la NAFLD è la conseguenza di un disequilibrio tra le diverse vie metaboliche coinvolte nella sintesi, nella degradazione e nella secrezione dei lipidi dal fegato.
Gli acidi grassi che si accumulano a livello epatico possono derivare dalla lipolisi dei trigliceridi del tessuto adiposo, dalla sintesi de novo, o direttamente dalla dieta. Una dieta ricca di fibre ed a basso contenuto di grassi saturi, associata ad può dì attività fisica rappresenta perciò il primo fattore di prevenzione. Un valido aiuto è fornito poi, dagli acidi grassi polinsaturi (PUFA) della serie omega-3 ed omega-6 presenti in numerosi fonti alimentari come pesce azzurro, semi e frutta oleosa. I PUFA infatti intervengono nel modulare la sintesi de novo degli acidi grassi nel fegato. In particolare è stato ampiamente dimostrato che gli omega-3 come l'acido eicosapentaenoico e decosaesaenoico, contenuti nell'olio di pesce, sono in grado di esercitare un ruolo benefico nella prevenzione delle dislipidemie e quindi nelle patologie legate all'accumulo di grassi.
Recentemente numerosi studi hanno messo in evidenzia l'efficacia, come aiuto nel trattamento della steatosi e della sindrome metabolica, anche dell'olio di krill. Si tratta di un olio ricco in omega-3 estratto da piccoli invertebrati marini appartenenti alla specie Euphasia superba che compongono lo zooplancton antartico, anello alla base della catena alimentare marina.
Alla base di tutto in ogni caso, come prevenzione primaria, c'è sempre un'alimentazione equilibrata ed un sano stile di vita. Una dieta base, che possa ridurre il peso del 5-10% se obesi, associata a tre/sei ore di sport a settimana aiuta a normalizzare le transaminasi.
I maggiori errori alimentari riguardano l'assunzione di bibite dolci, gasate ed alcoliche, molte carni rosse e cibi grassi.
Bisognerebbe, invece, seguire i principi della "dieta mediterranea" arricchendo la propria tavola di prodotti integrali ricchi in fibre, scegliere di ridurre i grassi saturi a favore dei mono e polinsaturi contenuti nell'olio extravergine di oliva, nel pesce azzurro, e nella frutta oleosa. Scegliere metodi di cottura semplici e poco elaborati.